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L'azienda che si trova in regime di contabilità sempligficata è tenuta ad annotare comunque le somme che riscuote, altrimenti, in caso di fallimento, l'imprenditore risponde di bancarotta fraudolenta. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza nr. 28923 del 17 Luglio 2012, ha confermato la condanna per bancarotta impropria a carico del socio accomandatario di SAS poi fallita che non aveva annottato in contabilità semplificata e che quindi non era tenuto alla registrazione della somma riscossa. Una tesi, questa, che non ha convinto i Giudici di legittimità secondo cui, ai fini fiscali, l'esonero dalla tenuta della contabilità è pieno ma lo stesso non può dirsi sul fronte della responsabilità penale per bancarotta. Sul punto, in sentenza, si legge che "per quanto attiene al regime tributario di contabilità semplificata (invocato sia con il presente sia con il successivo mezzo), deve osservarsi che siffatta metodologia non ha comportato per le Imprese l'esonero dall'obbligo di tenute dei libri e delle scritture contabili disposto dall'art. 2214, Codice Civile sia ai fini civili che per gli effetti penali previsti dalla legge fallimentare perchè l'art. 18, DPR 600/73, che ammette una contabilità semplificata per i contribuenti minori, fa salvii gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto, sicchè nel caso di inadempimento a tale obbligo si possono configurare gli elementi integrativi del reato di bancarotta". V'è di più. La scelta legislataiva di una esenzione della completa tenuta della contabilità a fini fiscali è frutto di consapevole e discezionale determinazione politica. Segno evidente che il legisltatore ha ritenuto meritevoli di protezione possibili difformi esigenze documentative, come la tutela delle istanze creditorie e, segnatamente, della completa ostensione del percorso seguito dalla ricchezza nella genesi dell'insolvenza e nella gestione dell'impresa. D'altra parte, a sottolineare l'autonomia della disciplina fiscale rispetto a quella civilistica, sta anche la consolidata lettura per cui il richiamo ai libri previsti dalla legge, si riferisce agli obblighi regolati dall'art. 2214, Codice Civile e non alle scritture contabili previste dalle leggi fiscali.
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I beni delle imprese che hanno percepito indebitamente dei finanziamenti pubblici sono sequestrabili ai sensi della "231". E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 29397 del 19 Luglio 2012. In particolare, la seconda sezione penale ha confermato un sequestro disposto dalle autorità di Enna sui beni di una Srl, per un valore superiore ai 2 milioni di Euro. E cioè, una somma pari all'importo del finanziamento illecito che gli amministratori erano riusciti ad ottenere grazie ad un accordo truffaldino attuato con l'Ente. Ad avviso del Collegio di Legittimità, il blocco totale dei beni deve scattare perchè le norme contenute nell'articolo 50 del D.L.vo 231 del 2001, prevedono che l'impresa sia responsabile per aver permesso attività illecite ai vertici senza aver vigilato.
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